La sofferenza nei bambini aiuta la formazione della coscienza

La sofferenza nei bambini aiuta la formazione della coscienza

Sofferenza-Bambini-Nathalie-de-Salzmann-de-Etievan-CoscienzaIn generale la sofferenza sia fisica sia emozionale è considerata dalla maggior parte delle persone come negativa, dannosa, cattiva…”qualcosa che bisogna evitare”.

Senza dubbio nessuna cosa che si è veramente appresa, l’abbiamo appresa senza sofferenza.
Tutti pensiamo che non bisogna soffrire, che soffrire è male.
C’è la sofferenza inutile, ma c’è quella molto utile.

Si protegge sempre il bambino contro la sofferenza e questo è un errore perché in realtà si impara solo con la sofferenza. Gli psicologi scusano con le parole ”frustrazione”, “trauma”, quando i genitori non compiono il loro dovere di genitori, impedendo di far passare i loro figli nelle esperienze difficili o dolorose, il che non permette loro di maturare.
In questo mondo di oggi, con poche eccezioni, non si ha un’idea chiara dei valori giusti e la gente non fa nulla per riscoprirli.
Ci sono favole antiche che sono un insegnamento e trattano sui valori reali. Per esempio, persone che hanno molto e che perdono tutto; giovani che devono pagare un prezzo altissimo per vivere; situazioni molto difficili per conseguire quello che si desidera.

Tutta la sofferenza morale di un bambino comincia dal suo apprendistato e potrebbe dargli una forza non comune, potrebbe determinargli una direzione per la sua vita. Ma solo il nostro sentimentalismo lo porta a sentirsi come un “poveretto”, nel dare alle sue debolezze un posto enorme è impedirgli di gettarsi in modo positivo nell’affrontare la vita. Se lo prepariamo ad indirizzarsi con il suo dolore, con la sua paura, ad essere più forte, invece di imparargli ad odiare, giudicare o detestare, poco alla volta riuscirà a liberarsi da questa situazione.

In questo modo, utilizzando ciò che capita nella propria vita, può recepire una lezione. E’ necessario per i maestri e i genitori utilizzare le cose reali che esistono in ogni essere, per educarli.
Dovremmo farci ulteriori domande sull’idea che la sofferenza è qualcosa di male. Quando siamo messi alle strette in una difficile situazione, dobbiamo renderci conto che è essa che ci insegna qualcosa, dobbiamo riunire tutte le nostre forze e dobbiamo crescere interiormente.

La stessa cosa bisogna fare con il bambino… e allora, perché proteggerlo contro tutti i dolori che la vita gli porta? La sofferenza stessa gli dà forza per erigersi e difendersi con le proprie forze.

La stessa cosa bisogna fare con la sofferenza fisica: insegniamo ai nostri figli a non sopportare una sofferenza, un dolore. E davanti ad ogni dolore diamo una medicina. Queste medicine sono droghe. Senza renderci conto, in questo modo, stiamo costruendo un contatto con il mondo della droga, poi col nostro comportamento gli stiamo insegnando che è male sopportare un dolore, sia esso fisico, mentale o morale. Quando pensiamo a un bambino come “poveretto” dobbiamo fermarci e riflettere su cosa fare per aiutarlo. Farlo crescere con quello che la vita gli dà, perché ciò che la vita gli manda è solo per lui, affinché ci costruisca qualcosa di positivo.

Da dove viene in me questo “poveretto”? Che valore ha? Cosa bisogna esprimere?
Il “poveretto” è un atteggiamento di disprezzo, è questa paura, questa angustia davanti al dolore. In realtà non sta succedendo nulla, posso sopportare non solo questo dolore, esistono tutte le mie altre funzioni. Il dolore mi prende perché mi lascio prendere, salvo nel caso che questi dolori siano realmente insopportabili – il che è molto raro – a quelli a cui ci si consegna perché non si ha la forza di resistere.
Insegniamo ai bambini fin da piccolini a fargli sopportare qualcosa, e poi volere che abbiano carattere. Se non si insegna ai bambini a sopportare perfettamente un dolore, più tardi, quando sono in quell’età dell’adolescenza in cui tutto è insopportabile, si utilizzeranno droghe come via di fuga alla propria angustia, alla sofferenza della solitudine. Ricorreranno alla droga o all’alcool, perché questo li aiuterà a passare quel brutto momento…e noi siamo quelli che lo hanno propiziato.

Il dolore fisico è una cosa buona, perché permette un allenamento per cimentarci con qualche debolezza e poterla superare.
Esistono bambini che sono duri davanti al dolore, per orgoglio personale, o per altre innumerevoli ragioni. Bisogna stare attenti con questi bambini, perché quando succede qualcosa di grave non se ne rendono conto sufficientemente.

Il proprio atteggiamento verso il dolore lo fa diventare insofferente verso gli altri bambini che si lamentano… e con ragione! Perché disprezzano la codardia. A questi bambini bisogna parlare per insegnargli a comprendere gli altri: la possibilità di sopportare non ha nulla a che vedere con la durezza del sentimento.

Tutti hanno la possibilità di vivere in un modo sufficientemente tranquillo per adempiere bene tutte le loro responsabilità. Questa necessità determina il limite della sofferenza. Quando questo limite sta troppo al di là di ciò che si può sopportare, si può vedere la propria misura.
I limiti sono diversi per ognuno; non c’è un limite assoluto… e una misura giusta del proprio limite si può stabilire solo con molta sincerità.

Tatto da “No Saber es formidable!”  di Nathalie de Salzmann de Etievan

Nata a Tbilisi, in Georgia, Nathalie De Salzmann de Etievan studia in Svizzera e in Francia. Figlia di Alexandre e Jeanne de Salzmann, fin da giovanissima cresce a strettissimo contatto con l’Insegnamento di Georges Ivanovič Gurdjieff.

1 Comment
  • Giulia
    Posted at 22:04h, 03 Settembre Rispondi

    “in questo modo, utilizzando ciò che capita nella propria vita, può recepire una lezione”. Grazie per condividere questi testi, rileggendoli mi trovo spesso a percepire un ricordo di me quando ho ben poco spazio interiore. E mi aiuta a ricordarmi che lo scopo della vita è di imparare. Grazie.

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