
07 Feb La lotta contro l’autogiustificazione
Quando si lesse l’ultimo argomento, la Sig.ra Nicoll suggerì che la gente dovrebbe osservare le proprie furiose conversazioni e le proprie forme peculiari di autogiustificazione, che si ripetono continuamente negli stati negativi profondi. Parlerò ora alle persone che desiderano lavorare seriamente.
La Sig.ra Nicoll segnalò al Gruppo la necessità di annotare spesso quelle cose che risultano dall’osservazione di sé. Tempo fa il Sig. Ouspensky ci aveva raccomandato di annotare le cose che osservavamo in noi stessi per un breve periodo. Ci consigliò, senza dubbio, di chiudere la porta per evitare che qualcuno entrasse e vedesse quello che avevamo scritto. Quando si annotano le cose, diventano più chiare, ammesso che la gran parte della nostra osservazione di sé è inadeguata. Di certo un’osservazione di sé incompleta è inevitabile all’inizio. Annotando ciò che osserviamo in noi facciamo che la nostra osservazione sia più piena. Ricordiamo di più, molte volte vi consiglio di tenere una specie di libretto personale in cui annotare cose su voi stessi, sul Lavoro, sulle osservazioni che si fanno.
Supponiamo che una persona annoti in detto libretto le osservazioni sulle sue lamentele sulle altre persone, man mano che nascono giorno dopo giorno. Naturalmente è necessario essere sincero con sé stessi quando lo si fa. Vale a dire, è necessario annotare ogni cosa. Se fate così, vi sorprenderete molto di vedere, sfogliando le pagine, che uno o due anni fa sono accadute esattamente le stesse cose, mentre invece per tutto questo tempo stavate pensando che le vostre lamentele erano nuove e fresche, in verità eccezionali, che prima vi eravate lamentati non più di una volta o due nella vita, ma certamente, non come lo facevate giorno dopo giorno e anno dopo anno. Sono le osservazioni di questo tipo quelle che ci mettono in relazione con la nostra vita che sta nel tempo vivo – la quarta dimensione. Bene, supponiamo che scoprite di lamentarvi sempre della stessa cosa in ogni persona, per quanto differenti siano queste persone l’una dall’altra – proprio così, la vostra lamentela è sempre la stessa contro persone completamente differenti – quale conclusione estraete da questa osservazione di voi stessi? Vi ricordo ancora che mi rivolgo soltanto a quelle persone che desiderano osservare seriamente se stesse e lavorare su se stesse. A quale conclusione si può giungere?
L’unica conclusione cui si può arrivare è che dentro di noi abbiamo qualcosa che sta lavorando sempre e di cui si notano solo gli effetti o risultati. La colpa non sta nelle altre persone contro le quali si ha sempre un motivo di lamentarsi, ma in qualcosa che si trova dentro di noi e che non abbiamo osservato. Bene, le altre persone possono conoscere cos’è, o conoscerlo imperfettamente, ma voi stessi non potete vederlo. Ma nell’avvertire questa propria reazione così caratteristica, e la ripetizione delle stesse lamentele, si produrrà uno shock che ci sorprenderà. Si scoprirà che sono queste stesse lamentele che bisogna osservare in sé stessi e non quello che, secondo la nostra immaginazione, le provoca. La volta successiva che questi “Io” lamentosi riprenderanno la loro abituale attività, lo shock che si è ricevuto ci permetterà di ottenere la forza emozionale per osservarli, prima che comincino a usare la loro bocca in nostro nome. Si otterrà lo shock del ricordo di sé. Per un momento ci si separerà da questi “Io” – proprio così, non ci s’identificherà più con essi. Li vedremo come qualcosa cui abbiamo dato la nostra fiducia per tutto questo tempo e che non può già più né giustificare né sostenere.
Il Lavoro ci insegna che è preciso lottare contro l’autogiustificazione. L’autogiustificazione significa mettersi sempre nel lato della ragione. Se un uomo in ogni circostanza si mette sempre nel lato della ragione, è chiaro che non potrà mai conoscere il vero significato della sofferenza. Si trasformerà in negativo, compatirà se stesso, cercherà il sostegno e la pietà degli altri e s’impegnerà a giustificare quanto fa. Tale uomo in verità non ha una Coscienza Reale.
Quando la Coscienza Reale si sveglia in un uomo questo arriva a conoscere la vera sofferenza. Questo avviene soltanto quando un uomo è capace di sopportarlo. Il Lavoro insegna che la Coscienza Reale esiste in ogni essere umano ed è esattamente la stessa in ogni essere umano ma è profondamente nascosta (sotterrata).
È necessario incontrarla all’esterno nella forma dell’Insegnamento Esoterico che quando è accettato con la comprensione e vivificato dalla Volontà, ci metterà in relazione con la Coscienza Interiore Reale attraverso la quale possiamo conoscere e vedere l’essenza dì ogni cosa e la sua qualità e uso. Bene, se giustifichiamo noi stessi continuamente – e chi potrà impedirlo – avremo sempre ragione e più ci incolperanno più il nostro orgoglio e la nostra vanità ci farà gridare e ribellarci facendoci diventare sordi. Voglio dire che, quando gli “lo” migliori e più coscienti cercano di parlarci nel mezzo delle nostre autogiustificazioni, non ci faremo caso e ci faranno persino infuriare. Avremo migliori opportunità in una tappa successiva quando la nostra crisi di sonno comincia a svanire.
Allora ci sembrerà di stare in un’atmosfera molto diversa, in un’altra luce che illumina la mente in un modo completamente differente. Lo stato in cui stavamo, gli “lo”‘ sotto il cui potere stavamo, ora si sono allontanati e già non possono più ipnotizzarci. Nell’osservazione di sé conviene molto cercare di ricordare quello che successe in quello stato, quale aspetto avevano le cose, quali “Io” dissero tale cosa, con che voce parlavano, quali argomenti impiegavano; è necessario soltanto cercare di non identificarsi e ritornare in quello stato. Questo Può succedere molto facilmente, soprattutto nei primi tempi, quando gli stati negativi sono cronici. Di certo, a volte far rivivere deliberatamente nella memoria un posto doloroso e osservare il potere che ha anche su noi stessi è un’esperienza interessante.
Se si sta con un’attenzione cosciente non si corre nessun pericolo, ma se per un istante l’attenzione si distrae perché qualcuno entra nell’abitazione, poco dopo si scopre che tutti gli “Io” che sono stati fatti rivivere si sono in realtà presi carico di noi stessi un’altra volta. Proprio così, ci siamo identificati con gli “lo”. Ma quando si osserva se stessi in uno stato di attenzione – e tutta l’osservazione di sé veramente cosciente esige l’attenzione interiore – non si corre pericolo di arrivare a identificarci ricordando antiche scene. Si assomiglia a un mago che sta girando in un circolo magico invocando gli spiriti, ma una volta che l’attenzione svanisce, sì cade un’altra volta nell’antico stato. I differenti stati hanno un immenso potere su di noi quando stiamo in essi. Ognuno deve notarlo con riferimento ad ogni lato della vita. Quando siamo fuori di essi, perdono il loro potere. In generale giriamo intorno ad un cerchio di stati ricorrenti che esercitano il loro potere su noi uno dopo l’altro.
Gli stati negativi attraggono altri stati negativi verso essi stessi e ognuno di voi avrà già osservato che quando si è in uno stato negativo, la memoria è diversa – le cose sgradevoli s’insediano in primo piano e le cose gradevoli diventano deboli e indistinte. Inoltre, diciamo, l’argomento a favore di una cosa tende a farsi più forte e l’argomento contrario al primo tende a farsi più debole. Non si può essere identificati con cose sgradevoli e gradevoli allo stesso tempo. Nel caso degli “lo”, uno è identificato con un “Io”, quantunque veda e senta un altro “Io”.
A volte, attraverso un rilassamento completo, quando sappiamo di essere in uno stato sbagliato, fermando tutti i pensieri e i movimenti e le tensioni sia dei muscoli sia del cervello, la situazione s’inverte subito e uno stato migliore occupa il suo posto. Immediatamente si sente il cambio di segno in se stessi. Tutto si fa più leggero. O è come se qualcuno avesse indosso troppi vestiti che l’opprimevano e repentinamente se li toglie e si sente libero un’altra volta. Lo stop dei pensieri e il rilassamento, la cui pratica quotidiana è così importante, sono una forma di Ricordo di Sé. L’Osservazione di Sé senza il Ricordo di Sé è semplicemente una pratica che manca di valore. Le due cose sono interamente diverse per il loro sapore interiore.
Da un certo punto di vista bisogna pensare nel Ricordo di Sé come a una forma di elevazione di sé sopra il frastuono delle cose che si hanno dentro noi, come aprire una porta e andare in un’altra stanza e chiudersi e gustare la quiete. E preciso ricordare che quando siamo identificati con i nostri pensieri e sentimenti, le nostre emozioni e sensazioni, le nostre offese, i nostri monologhi interiori, le nostre auto-giustificazioni il nostro fare i conti con qualcuno, ecc., siamo impossibilitati a ricordarci di noi stessi. Siamo nelle cose più litigiose, in mezzo al frastuono del traffico, nel mezzo della moltitudine – che non è uno stesso. È meraviglioso sperimentare la non identificazione con sé stesso per un istante nel mezzo della sempre continua e inutile agitazione. Allora si comprende come c’identifichiamo sempre e come nulla può essere reale né giusto in questo stato.
(Maurice Nicoll)
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