
25 Gen La psicologia del mentire [2]
D. Se cerco di scoprire la verità e mi accorgo che è impossibile, non dovrei separare me stesso dal mondo quotidiano?
R. In tal caso voi studiereste un essere artificiale, non uno reale. Potete studiare voi stessi soltanto nelle condizioni in cui vi trovate, in quanto siete il risultato di tali condizioni. Non potete studiare voi stessi prescindendo dalle vostre condizioni.
D. Non c’è nulla di comune a tutti gli ‘io’?
R. Soltanto una cosa. Sono tutti meccanici. Essere meccanico significa dipendere dalle circostanze esterne.
D. Da ciò che avete detto sembra difficilissimo studiare sé stesso senza mentire a sé stesso.
R. No, il mentire deve cessare. Dovete ricordare il principio: le bugie possono produrre soltanto bugie. Soltanto quando conoscete i principali tipi di mentire sarete capaci non dico di lottare con essi, ma di osservarli. La lotta viene dopo. Sono necessarie parecchie cose al fine di lottare con qualcosa in noi; per lungo tempo possiamo soltanto studiare. Quando conosciamo il generale ordinamento e la classificazione delle cose in noi stessi, soltanto allora viene la possibilità di lottare con qualcosa. Così come siamo, non possiamo cambiar nulla, perché l’uomo è una macchina assai bene equilibrata: equilibrata nel senso che una cosa condiziona l’altra.
D. Vi dispiacerebbe precisare cosa intendete per macchina?
R. Le macchine non possono avere potenzialità, esse non possono avere la speranza di ottenere consapevolezza in quanto non possono essere portate avanti indefinitamente. Anche questa è una limitazione alla nostra mente o, se preferite, una limitazione alla nostra consapevolezza. Quindi il paragone con la macchina non può essere portato avanti in qualsiasi direzione. Ma l’uomo è una macchina in un senso del tutto reale, ben preciso; egli non può produrre alcuna azione da solo; è soltanto una stazione trasmittente, niente di più, e come tale è una macchina. Se un uomo potesse avere un’idea o potesse far qualcosa senza che cause esterne agissero per lui, allora egli non sarebbe una macchina, o non sarebbe completamente una macchina. Così com’è, è completamente una macchina, particolarmente nello stato di consapevolezza in cui ci troviamo. E il fatto che riteniamo di essere in uno stato completamente diverso ci rende ancor più meccanici.
La nostra macchina non funziona nemmeno bene, così se un uomo vuol creare delle condizioni favorevoli per la possibilità di crescita interiore che è in lui, egli deve dapprima divenire una macchina normale perché, così come è, non è una macchina normale. Quando sentiamo parlare di meccanicità spesso pensiamo che, sebbene l’uomo sia una macchina, non tutte le sue funzioni sono egualmente meccaniche, né che tutte le attività umane sono egualmente meccaniche. Ognuno scopre qualcosa che egli ritiene meno meccanica, a seconda dei suoi punti di vista e dei suoi gusti. In realtà tutte le attività umane sono egualmente meccaniche; non esiste differenza sotto questo punto di vista tra strofinare un pavimento e scrivere poesie.
In termini generali, bisogna comprendere che è necessaria una completa rivalutazione di tutti i valori sotto il profilo della loro utilità; senza rivalutazione non possiamo mai spostarci dal punto in cui ora ci troviamo. Abbiamo parecchi valori sbagliati: dobbiamo essere coraggiosi e cominciare questa rivalutazione.
D. Comprendo che dobbiamo creare un ‘io’ dal nulla. Cosa crea I”io’?
R. In primo luogo, la conoscenza di sé. Esiste un’ottima allegoria orientale che tratta della creazione dell”io. L’uomo è paragonato a una casa piena di servitori, senza padrone o maggiordomo che li controlli. I servi perciò fanno quello che vogliono; nessuno fa il proprio lavoro. La casa è in uno stato di caos completo, perché tutti i servi cercano di fare il lavoro di qualcun altro senza essere capaci di farlo. Il cuoco lavora nelle stalle, il cocchiere in cucina e così di seguito. L’unica possibilità che le cose migliorino è se un certo numero di servi decide di eleggere uno di loro maggiordomo interinale dandogli in tal modo il controllo degli altri servi.
(P.D.Ouspensky, “La Quarta Via”)
[Fine seconda parte – Leggi la prima parte]
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