02 Mag Gurdjieff sui Movimenti
Sapere non è comprendere
Lei mi chiede quale sia lo scopo dei movimenti. A ciascuna posizione del corpo corrisponde un certo stato interiore e, d’altro canto, a ciascuno stato interiore corrisponde una certa postura. Un uomo, nella sua vita, ha un certo numero di posture abituali e passa dall’una all’altra senza fermarsi a quelle intermedie.
Assumere posizioni nuove e inusuali vi consente di osservarvi all’interno in modo differente dal modo in cui lo fate normalmente in condizioni ordinarie.
[…] È necessario osservare se stessi in un modo diverso da quello che si ha nella vita ordinaria. È necessario avere un atteggiamento differente, non quello che avete avuto fino ad ora. Sapete dove i vostri atteggiamenti abituali vi hanno portato finora. Non ha alcun senso continuare come prima, per voi o per me, poiché io non ho alcun desiderio di lavorare con voi se voi rimanete come siete. Volete conoscenza, ma ciò che avete avuto fin ad oggi non era conoscenza. Era un puro raccogliere meccanicamente informazioni. È una conoscenza non in voi ma fuori di voi. Non ha valore. Che importanza ha per voi che ciò che voi sapete è stato creato tempo fa da qualcun altro? Non siete stati voi a crearlo, e perciò ha poco valore. Dite, per esempio, di sapere disporre i tipi per fare un giornale, e date valore a ciò in voi stessi. Adesso, però, può farlo una macchina. Combinare non è creare.
Ognuno ha un repertorio limitato di posture, e di stati interiori, abituali. Lei è una pittrice e direte, forse, che ha il suo proprio stile. Non si tratta di stile, però, ma di limite. Qualunque cosa i suoi quadri possano rappresentare, saranno sempre lo stesso, che lei dipinga un quadro di vita europea o orientale. Riconoscerò immediatamente che è stata lei, e nessun altro, a dipingerlo. Un attore che sia lo stesso in tutti i suoi ruoli, semplicemente se stesso, che attore è? Solo accidentalmente egli può avere un ruolo che corrisponda interamente a ciò che egli è nella vita.
In generale, fino ad oggi tutta la conoscenza è stata meccanica come ogni altra cosa è stata meccanica. Ad esempio, io guardo lei con gentilezza, e lei immediatamente diventa gentile. Se la guardo con rabbia, lei è immediatamente dispiaciuta, e non solo con me, ma con il suo vicino, e questo vicino con qualcun altro, e via di seguito. Lei si arrabbia perché l’ho guardata malamente. Si arrabbia in modo meccanico. Non può però arrabbiarsi di sua propria volontà. È una schiava degli atteggiamenti degli altri. E non sarebbe grave se tutti questi altri fossero sempre esseri viventi, ma è anche una schiava di tutte le cose. Un oggetto è più forte di lei. È una schiavitù continua. Le vostre funzioni non sono vostre, ma voi stessi siete una funzione che avviene in voi.
Per cose nuove, si deve imparare ad avere atteggiamenti nuovi. Vedete, adesso ognuno sta ascoltando a modo suo, in un modo però che corrisponde alla sua postura interiore. Ad esempio, lo Starosta ascolta con la propria mente, e voi con i sentimenti; e se a tutti voi si chiedesse di ripetere, ciascuno di voi lo ripeterebbe a modo suo conformemente al suo stato interiore del momento. Trascorre un’ora, qualcuno dice qualcosa di spiacevole allo Starosta mentre a voi viene dato un problema matematico da risolvere. Lo Starosta ripeterà ciò che ha udito qui colorato dal suo sentimento, e voi lo fareste in una forma logica.
Tutto ciò avviene perché funziona un solo centro, ad esempio la mente o i sentimenti. Tuttavia, dovete imparare ad ascoltare in un modo nuovo. La conoscenza che avete avuto finora è la conoscenza di un solo centro: conoscenza senza comprensione. Sono molte le cose che sapete e che comprendete allo stesso tempo? Ad esempio, sapete che cos’è l’elettricità. Ma lo comprendete in modo altrettanto chiaro che due per due fa quattro? Quest’ultima cosa la comprendete così chiaramente che nessuno vi può provare il contrario; con l’elettricità però è differente. Oggi vi viene spiegata in un modo, e ci credete. Il giorno dopo vi sarà data una spiegazione differente, e crederete anche a quella.
La comprensione però, è percezione non con uno, ma con non meno di due centri. Esiste una percezione più completa, per il momento però è sufficiente che abbiate un centro che controlla l’altro. Se un centro percepisce e l’altro approva la percezione, concorda con essa o la rifiuta, questa è comprensione. Se un contrasto fra i centri non riesce a produrre un risultato definitivo, vi sarà una comprensione dimezzata. Anche una comprensione dimezzata non va bene. È necessario che tutto ciò che ascoltate qui, tutto ciò di cui parlate fra di voi altrove, sia detto o ascoltato non con un centro ma con due. Altrimenti, non vi sarà un risultato corretto né per me né per voi. Per voi sarà come prima, un puro accumulo di nuove informazioni.
Berlino, 24 novembre 1921, Prima Conversazione – Gurdjieff
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